IL TONO DECIDE DELLA RIUSCITA DELL’INCONTRO

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presidente di Santo Stefano Immobiliare, Bologna

Accumulare dati e conoscenze, questo è il modo comune di intendere l’esperienza. L’esperienza sarebbe qualcosa di sostanziale, quindi a partire dall’idea di avere o di non avere, utile a quantificarne il valore. Certamente, la gestione delle occorrenze della vostra impresa immobiliare tiene conto di un itinerario di quindici anni nel settore, ma non basta. L’esperienza è pragmatica se si attiene al rischio e alla scommessa in atto. Oggi è anche possibile avvalersi di nuovi strumenti e, per esempio, dell’intelligenza artificiale generale (AGI) anche nel vostro settore. Lei ritiene che l’AGI possa rilanciare in altro modo il vostro lavoro?

Sono convinto che l’intelligenza artificiale generale, per esempio come Chat GPT e altri tipi che mimano il ragionamento umano, sia una risorsa da monitorare e di cui avvalersi come dotazione “di bordo”. Non bisogna però dimenticare che ciascuno ha una propria specifica intelligenza, che non è naturale perché occorre allenarla. L’intelligenza procede dalle relazioni, da relazioni live e non virtuali. Benissimo, quindi, usufruire di questi strumenti innovativi, dell’informatica super specializzata, evoluta e futuristica, poi però bisogna concludere e allora quel che conta è la stretta di mano.

Incontrarsi è ancora un aspetto fondamentale nel nostro lavoro. È anche emblematica la differenza tra incontro telefonico e incontro dal vivo. Quante volte ci siamo presentati facendo quelle famose telefonate “a freddo”, come si usa dire, per proporre il nostro programma di servizi. Ma nella comunicazione telefonica c’è come un muro, come se la voce e le espressioni del viso fossero filtrate. Incontrare la persona con cui abbiamo parlato soltanto telefonicamente cambia la sorte dell’incontro. Non a caso, la cosiddetta comunicazione non verbale spesso è quella che trasmette di più. Poi, le parole sono importanti, ma come dire quelle parole lo è ancor di più. Evidentemente le parole hanno un tono che decide della riuscita dell’incontro. Mi dica lei quale tono hanno intelligenze come Chat GPT, che pure offre un contenuto e parole scritte? Ma non ha un tono. C’è una bella differenza tra dire “Ti amo” in un modo piuttosto che in un altro.

Ricordo l’aneddoto di una signora con cui avevate cercato di parlare tramite i social e che non voleva assolutamente la mediazione di agenzie immobiliari. Poi però vi ha scelto come agenti. La parola sfata il sistema sociale…

Noi puntiamo sempre all’incontro quando facciamo le telefonate. Fra le regole che suggerisco di adottare nel gioco delle trattative è “mai negoziare al telefono”. Mai. Per noi la negoziazione è un’arte. Occorre puntare all’incontro e ripeto in modo incessante: “fatevi vedere”, “presentatevi”, “siate generosi”. La differenza è anche negli stili relazionali, che noi suddividiamo in tre tipologie: taker, matcher e giver. Il primo si domanda: “Come posso prendere da te?”; il secondo, il matcher, è lo scambio: “Ti do se tu mi dai”, ma qui a dare dobbiamo essere sempre prima noi agenti; per questo il terzo modo è “Come posso fare per darti?”. Chi sarà vincente? Chi più dà.

Quante cose hai? Tutte quelle che hai donato. Anche nel modo di fare la telefonata. Se faccio la telefonata e il mio obiettivo è acquisire l’incarico immobiliare, sono taker. Ma non mi sto chiedendo nulla del mio interlocutore, che probabilmente sta pensando di vendere perché ha un problema da risolvere. Come posso aiutare a risolvere il problema della signora che deve vendere la casa? Sono un agente immobiliare, ho delle qualità, ho un piano d’azione, ho dei servizi, sono un giver. Come posso aiutarla? Nel momento in cui faccio il taker, la signora mi respinge; nel momento in cui scambio talvolta funziona, ma soltanto perché ho merce di scambio. Quando do, invece, trasmetto tutte le sfaccettature della mia figura professionale, e ricevo. Improvvisamente, vengo ascoltato in un altro modo.

Come lei constata il rischio e la scommessa nella sua esperienza?

Io sono tendenzialmente prudente, ma quando rischio sono ottimista. Le faccio un esempio, partendo dal più famoso “bicchiere mezzo pieno”. Perché “mezzo”? E poi, di cosa sarebbe pieno? Potrà far sorridere, ma in realtà il bicchiere è sempre tutto pieno. Basta identificare di cosa. Intanto, una parte è piena d’aria, l’altra di vino, acqua, ecc. È tutto pieno. Il vero ottimista vede il bicchiere tutto pieno, pieno di soluzioni non di mancanze. L’altra metà è di aria, semplicemente. Ecco perché intendo il rischio come rischio di riuscita.