LA CANCEL CULTURE CONTRO L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

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psicanalista, cifrante, presidente dell’Associazione culturale Progetto Emilia Romagna

Secondo il Grande dizionario della lingua italiana (UTET), a cura di Salvatore Battaglia, l’artificio è “maestria, abilità nell’operare (e in particolare nell’esecuzione di un’opera d’arte)” e anche “accorgimento, espediente ingegnoso”. In queste accezioni non c’è traccia dell’idea dell’artificio come orpello lezioso o sviante, o addirittura come cosa subdola o fasulla, che a questo termine è stata associata: secondo il nostro Codice penale, (art. 640), l’artificio è considerato addirittura un requisito essenziale per il reato di truffa, assieme al raggiro. Questa manipolazione linguistica nasce dall’introduzione della contrapposizione tra artificio e natura, dunque tra artificiale e naturale che, come nota Torquato Tasso, è una distinzione tra un artefice umano e uno divino: “Questa differenza è peraventura fra l’idee de le cose naturali che sono nella mente divina e quella de l’artificiali de le quali si figura e quasi dipinge l’intelletto umano” (Discorsi sull’arte poetica e in particolare sopra il poema eroico, libro I).

In questo modo Tasso indica che la condanna delle cose artificiali sta nell’es sere prodotte dagli umani, a differenza della natura, che ha come artefice dio stesso: il passo è breve per poter considerare l’artificiale – umano, terrestre, manuale – subordinato alla natura, improntata da “mente divina”. Come sorprenderci se i movimenti di difesa della natura contro l’artificio, soprattutto quello tecnologico, assumono sfumature religiose. È questo “dio verde” (Giulio Meotti) che ispira gli ingenti investimenti per la “rinaturalizzazione dell’ambiente” (cioè per il ripristino del la natura “perduta” in “aree fortemente degradate dall’attività antropica”, come recita un progetto della Regione Veneto) voluti dall’Agenzia europea dell’ambiente. Come formulare meglio la mitologia che l’attività umana, anzi “antropica”, degrada la natura?

Eppure, la dicotomia artificiale/naturale sostenuta dallo spiritualismo ambientalista era stata messa in questione già da Leonardo da Vinci, che parlava di “artifiziosa natura”, mentre per Galileo Galilei la natura è fabbrica di “mirabil artifizio”. Se l’artificio è una proprietà della natura, nulla di magico, d’ingannevole, d’illusorio in quel che è artificiale.

Soltanto se considerato spirituale, l’uomo può essere contrapposto alla natura. È quel che accade, per esempio, nell’ideologia gender che, al colmo del lo spiritualismo, privilegia l’idea di sé e del proprio sesso all’anatomia e alla genetica e, come ogni spiritualismo, promuove una cancel culture a ogni livello della società. Ma quali sono le implicazioni culturali e sociali se vengono cancellate la questione donna e la questione uomo, se viene mutilato chirurgicamente e farmacologicamente il corpo in nome di una padronanza sulla sua “artifiziosa natura”? Che ne è del la stessa intelligenza se, in nome di un indifferenziato fluire di scelte sessuali, viene negata la differenza sessuale? La questione è già riscontrabile nel primo numero della rivista “La cifra. Pensiero, scrittura, proposte” dal titolo Sessualità e intelligenza (Spirali) pubblicata nell’ottobre 1988: nessuna intelligenza senza la questione donna e la questione uomo.

Per via della questione della sessualità che implica, l’intelligenza è sempre stata tollerata più che valorizzata. An che sull’intelligenza artificiale cade il sospetto demonologico, che oscilla tra euforia e paura. È la maledizione romantica contro la scienza, la tecnica, l’invenzione, l’arte: sono sospette perché, in quanto ignorate, sono temute, presunte “non umane”. Dunque, pronte per un verso a superare l’umano, per l’altro a creare il super umano, a divinizzare l’uomo stesso – come vorrebbero il cosmismo e il transumanesimo – fino alla sua nullificazione.

Della combinazione tra De rerum natura e De rerum natione scrive molte note Armando Verdiglione nel suo libro Il giardino dell’automa (Spirali, 1984). Proprio parlando dell’humus  che da migliaia di anni assicura la vita alle zone costiere del Fiume Giallo, l’articolo del dissidente cinese Zhou Qing, in questo numero della rivista, coglie che la manipolazione dell’“artifiziosa natura” attraverso gli artifici demagogici della dittatura, segnatamente quella cinese, comporta immani tragedie umanitarie. E non a caso in questo numero sull’intelligenza artificiale (che ospita alcuni interventi del Convegno Future Valley A.I. 2023! La sfida dell’uomo, organizzato dai Giovani Imprenditori di Confindustria Emilia Area Centro) pubblichiamo l’articolo di Arieh Saposnik, che si chiede che ne è dell’umanesimo oggi. Come nota questo storico del movimento sionista, nella cultura americana, ma anche in quella europea, impera un umanesimo che cancella se stesso, autofagico, autodistruttivo: valorizza la realtà, la storia e le tradizioni di vari popoli e etnie, ma attraverso un processo di negazione e intolleranza di quelle ebraiche, occidentali, cristiane, da centinaia di anni basi dell’humanitas e, dal rinascimento in poi, basi della tecnica, della finanza, della modernità. Tolta la questione ebraica e la questione cattolica (quest’ultima con la complicità della chiesa stessa), nessuna intelligenza: quale intelligenza infatti senza il processo linguistico narrativo e senza la procedura per integrazione che queste questioni, assieme alla questione donna, comportano, e che sono essenziali per l’astrazione e la scrittura, per la ricerca e il fare?

Con il processo linguistico narrativo, parlando, facendo, scrivendo, la natura non è naturale e l’artificio non è mai artefatto. Come indicano i testi di questo numero, l’intelligenza non è mai naturale, è sempre intelligenza artificiale. L’intelligenza artificiale è a torto attribuita alle macchine, ma non è nemmeno una facoltà umana. Qualificare l’intelligenza come artificiale è quasi una ridondanza, ma vale a sottolineare che è un’arte, un’arte del fare, secondo l’etimo di artificio. E, tra le arti del fare, l’intelligenza è l’arte del malinteso, non dell’intesa: l’intesa poggia sul riferimento al segreto, è misterica e spirituale, per questo sta alla base della comunità, della umma, del gender. Mentre la società civile, con la sua modernità, con il suo modo della parola, esige l’intelligenza artificiale, frutto dell’esperienza, con la sua macchina e la sua tecnica, la sua cultura e la sua arte.