UN CASO DI VALORIZZAZIONE DELLA FILIERA DELLA CERAMICA

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amministratore delegato della Cerplast, Formigine (MO)

Nel suo intervento al convegno I distretti del made in Italy nell’era della globalizzazione (19 settembre 2008, Confindustria Ceramica), Alberto Piantoni diceva che, “attraverso i contratti di filiera si deve valorizzare il lavoro delle piccole aziende, perché, con un atteggiamento positivo da parte delle più grandi, si crei uno stimolo maggiore per farle investire e farle diventare più competitive”. La Cerplast – come piccola azienda che acquista gli scarti degli imballaggi delle aziende del settore ceramico e fornisce loro lo stesso prodotto, dopo averlo riciclato – quali ipotesi ha per l’avvenire proprio e del comprensorio di Sassuolo, in cui è inserita?

Qualità e made in Italy sono gli elementi premianti del nostro distretto, anche se, per lavorare in un mercato globale ed essere competitivi, la qualità dev’essere abbinata alla velocità con cui nascono sempre nuove gamme di prodotti. E questo è ciò che sicuramente distingue i prodotti del nostro distretto. Tuttavia, in un momento critico come quello attuale, in cui si registrano cali di fatturato intorno al 20 per cento, non tutte le imprese possono permettersi gli investimenti in ricerca che occorrono per mantenere tale velocità. A questo bisogna aggiungere che purtroppo oggi le banche non forniscono più credito, creando così ulteriori contrasti in aziende valide che hanno investito e continuano a investire in tecnologia, ma che ora devono contare solo sui propri mezzi.

Noi continuiamo a investire perché crediamo che i nostri prodotti siano effettivamente qualificanti, e il mercato ci sta dando ragione: poiché lavoriamo sul riciclato, il nostro prodotto, con buone caratteristiche tecniche, dà all’azienda un risparmio economico del 20 per cento. Ma bisogna ricordare che, lavorando nell’indotto del comparto ceramico, dipendiamo in buona parte da quelle poche aziende che superano gli 80 milioni di fatturato e, se anch’esse sentono gli effetti della crisi, trascinano con sé le più piccole, con la differenza che queste non saranno più in grado di andare avanti e dovranno chiudere i battenti.

Eppure, se l’indotto, soprattutto per la sua varietà di competenze, rappresenta la vera ricchezza di un distretto, sono convinto che le piccole aziende come la nostra dovrebbero far parte di una sorta di “struttura protetta”, per evitare che il distretto firmi presto la propria fine. È ciò di cui parlava anche Piantoni, ed è una questione ancora oggi poco compresa...

Sì, diceva che “dobbiamo esigere una collaborazione da parte del sistema bancario”, per la creazione di rating di filiera o di distretto, in quanto “non è accettabile la riduzione indiscriminata del 30, 40 per cento degli affidamenti a cui si punta oggi”.

Il valore del distretto è dato dal lavoro di tante aziende. Noi, al momento, stiamo creando nuovi marchi per valorizzare l’imballaggio finale del cliente, attraverso la personalizzazione: abbiamo strutturato alcune linee, che hanno una flessibilità notevole e ci permettono di studiare e sviluppare prodotti su misura nell’arco di un mese. È una cosa che possiamo fare perché ancora il mercato richiede volumi consistenti, ma nel momento in cui questi dovessero calare anche gli investimenti diminuirebbero di conseguenza. Noi, evidentemente, siamo in controtendenza, dato che i nostri fatturati continuano a crescere, ma in un’ottica di medio termine occorre che le aziende della filiera siano collegate fra loro su più temi, cosa che attualmente non avviene.

Allora, quali sono le proposte da attuare, secondo lei?

Credo che mantenere la filiera sia interessante tanto per le piccole quanto per le grandi aziende e quindi credo che occorra al più presto mettere in atto iniziative congiunte che contribuiscono al suo avvenire. Noi, per esempio, come azienda di riciclaggio del polietilene, abbiamo costituito un consorzio con alcune aziende del settore ceramico, per recuperare lo scarto del loro prodotto e rivenderlo trasformato. Abbiamo inoltre avuto la possibilità di realizzare un progetto, chiamato PARI, che consente di risparmiare per sei mesi il costo dell’imballaggio, grazie al contributo CONAI – contributo per gli imballaggi sul territorio italiano –, corrispondente a 105 euro per tonnellata all’anno. Questo può avvenire solo nell’ambito dei distretti in cui si riescono a raccogliere volumi importanti e, se si fa filiera, si possono ottenere diversi risultati. Noi siamo sensibili a eventuali proposte di accordi sul territorio e siamo convinti che, lavorando insieme come distretto, si possano ottenere molte agevolazioni: il famoso decreto Ronchi, da noi attuato, per esempio, prevedeva contributi da destinarsi a distretti di mercato dove si raggiungevano volumi consistenti di recupero. Ma anche qui occorre la volontà da parte delle grandi aziende di creare sinergie.

Quindi, grazie a Cerplast, per il momento le aziende del distretto possono proseguire a utilizzare imballaggi personalizzati, con il valore aggiunto del rispetto per l’ambiente...

E avere materie prime ricavate dai rifiuti. Da parte nostra, sentiamo l’appartenenza a questo distretto, per tanti motivi, anche se con il tempo dovremmo abituarci a cercare, se necessario, nuovi distretti. Per il momento, confidiamo ancora nella possibilità di lavorare e creare un futuro per i nostri figli in questo paese, ma sono pochi oggi coloro che vedono una continuità di lavoro. Non si parla che di tagli, non solo sul fronte del personale, la cui perdita va a discapito del know-how acquisito fino a questo momento, ma anche a livello produttivo, se è vero che si è registrato un calo significativo nella quantità di metri quadrati di piastrelle prodotti nell’ultimo anno.

Il valore di un prodotto è dato da tanti fattori, ma non va dimenticata l’importanza del territorio e del patrimonio di conoscenza tramandata, che consente una grande flessibilità sui mercati e che oggi va assolutamente salvaguardata.