LA MODERNITÀ

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Qualifiche dell'autore: 
cifrante, brainworker, presidente dell'Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Questo numero della “Città del secondo rinascimento”, che ha preso avvio dal dibattito intorno al libro di Sergio Mattia, L’ambiente, la città, i valori (Spirali), lancia un appello all’intelligenza, alla civiltà, alla qualità, proprio mentre dal terrorismo fondamentalista sembrano ormai dipendere i media, l’economia, la politica.
Non a caso sono le città, da NewYork a Madrid, da Gerusalemme a Ankara, da Mosca a Roma, a trovarsi nel mirino della distruzione e del ricatto: nulla come la città è base della modernità, della globalizzazione, del nomadismo intellettuale contro cui gli arcaismi del terrorismo si scagliano. Ma la modernità può definirsi soltanto attraverso i diritti civili o la democrazia cui il pianeta dovrebbe conformarsi? La civiltà non coincide con il discorso occidentale, in cui la civiltà, la civitas e la città erano spaziali, geometriche e senza il tempo.
Il discorso occidentale, da Platone e Aristotele, ha demonizzato la città in nome dell’utopia, togliendo a essa la vita, il fare; l’ideologia romantica l’ha sottoposta al principio di ragione sufficiente, l’ha finalizzata all’utilità sociale con criteri e piani regolatori che precludono dal tempo e dal fare.
Gli articoli di questo numero avanzano l’istanza di una civitas della parola, del fare, dell’impresa. E moderna risulta non la città visibile, pianificata, fissata da algebre e geometrie a misura d’uomo: moderna è la città secondo il modo della parola, modo dell’impresa, dell’arte, della finanza, della comunicazione.
La modernità è intellettuale, modo del due, dell’apertura, e modo del tre, del tempo. Modo del rinascimento e modo dell’industria. Il moderno è originario e non si oppone all’antico: “L’antico, come l’originario, s’inscrive tanto nel moderno quanto nell’avvenire”, scrive Armando Verdiglione.
Sta qui una classicità che è propria dell’instaurazione del modo della parola, come indica la testimonianza di Cristina Frua De Angeli, a propoposito del restauro di Villa San Carlo Borromeo: l’antico s’instaura, più che si restaura, e prova come la città della parola esiga la restituzione in qualità e non in pristino.
Nella modernità le cose rinascono e si strutturano per approdare alla qualità.
L’ambiente non è naturale ma intellettuale: la vita esige il terreno dell’Altro e il suo diritto, quindi, l’umiltà, la generosità e l’indulgenza, non i vincoli contro l’Altro.
Questi sono i valori che provengono dal rinascimento e non dai criteri illuministici fatti dal diritto dell’uomo contro il diritto dell’Altro.