INTOLLERANZE ALIMENTARI E DIETE SALUTARI

Qualifiche dell'autore: 
fondatrice del Laboratorio Val Sambro, Bologna

Lei ha fondato e dirige tuttora il laboratorio di analisi Val Sambro, che da anni studia le intolleranze alimentari. Può dirci qualcosa della sua ricerca?

Già venticinque anni fa avevo capito che lo studio delle allergie non bastava a rispondere in modo adeguato ai quesiti dei pazienti, quindi ho cercato qualcosa di più avanzato, prima sul mercato italiano e, in un secondo momento, all’estero, in particolare in Inghilterra, dove ho trovato il test citotossico, che viene eseguito sui leucociti, mentre si osserva al microscopio la reazione e i danni che gli alimenti possono provocare sulla loro membrana. È un test che risale agli anni quaranta, rivisitato con le nuove tecnologie.

Sulle intolleranze e le allergie oggi si scrive anche tanto, con il risultato che c’è troppa confusione. I medici spesso non sono preparati a spiegare perché un metodo antico, che si affaccia nel panorama della diagnostica moderna, non sia stato preso in considerazione con la dovuta attenzione.

Secondo lei, perché?

Nonostante i miei sforzi per collaborare con strutture ospedaliere accreditate, sono ancora pochi i lavori scientifici portati a termine: appena uno su quattro, che naturalmente si è concluso con risultati favorevoli.

Quali sono i luoghi comuni rispetto alle allergie alimentari?

Innanzitutto, si fa confusione tra la reazione allergica e la reazione citotosssica. La reazione allergica è immediata, ad esempio il ponfo, l’orticaria, l’edema, sono reazioni acute e violente. La reazione tossica, invece, segue le leggi della tossicità, senza la mediazione degli anticorpi, segue le leggi del sovraccarico alimentare e della ingestione di microveleni che il nostro organismo non riesce a metabolizzare.

Questo vuol dire che bisogna agire su due fronti: togliere l’alimento e nello stesso tempo curare la flora intestinale.

Tutti i giorni si leggono articoli infamatori su questo tipo di test, perché c’è molta confusione sulla metodica di ricerca delle intolleranze, ma l’unico test attualmente abbastanza ripetibile è il test citotossico, che ha un’attendibilità del 70-73% circa, già alta per un test di laboratorio di osservazione. Oggi non c’è nulla di migliore, è quello che risponde maggiormente alla sintomatologia della persona.

Non bisogna dimenticare che chi si sottopone a un test per l’intolleranza ha avuto reazioni avverse al cibo – reazioni di tipo gastroenterologico, come gonfiori, diarree, stitichezze, mal di testa, reazioni cutanee, reazioni di astenie croniche – e di solito ha già fatto i test allergici, che sono risultati negativi. Certo, noi non abbiamo la bacchetta magica, ma in molti casi diamo risposte precise, eliminiamo gli alimenti non tollerati e le persone stanno bene.

Quindi, le seguite anche con una dieta su misura?

Assolutamente sì. Il test delle intolleranze alimentari va eseguito da un professionista dell’alimentazione, un nutrizionista, un dietologo, uno specialista dell’alimentazione che sappia come agire e correggere l’alimentazione senza provocare deficit alimentari. Se, per esempio, togliamo un cereale, esso va sostituito con un altro di contenuto proteico, vitaminico o di sali minerali equivalente. Ecco che allora abbiamo un’alimentazione assolutamente bilanciata e priva di effetti drastici. Alcuni pazienti si lamentano perché da tre mesi mangiano solo riso e carote: questo è assurdo e non è certo quello che noi consigliamo. In questo campo bisogna essere professionali, studiare, documentarsi e aggiornarsi costantemente, altrimenti, si rischia di gettare discredito su coloro che lavorano seriamente da anni.

Che tipologia di clienti si rivolge a voi e quanto tempo comporta la consulenza?

Molto spesso, chi si sottopone a un test per le intolleranze viene accusato di avere come vero obiettivo quello di dimagrire. A questo proposito, vorrei precisare che le intolleranze non fanno ingrassare. All’inizio, io stessa mi ero chiesta perché, togliendo gli alimenti intollerati, favorivo una diminuzione di peso. Ma poi ho trovato subito la risposta nel fatto che l’alimento intollerato richiede una digestione molto più laboriosa, non aiuta sicuramente il processo metabolico digestivo.

Anzi, quando introduciamo microveleni, il nostro organismo, che è molto più intelligente di noi, si organizza e trattiene i liquidi per diluire la tossicità, favorendo, quindi, una forte ritenzione idrica e, via via, un rallentamento del metabolismo. Com’è risaputo, il metabolismo, la serie di processi biochimici che avvengono nel nostro organismo, ha come fautore principale il fegato, il nostro laboratorio biochimico. È chiaro che un fegato intossicato è più lento di un fegato sano, così come una flora intestinale scarsa crea stitichezza, diarrea, o uno sbilanciamento dei liquidi intra e intercellulari che provoca ritenzione idrica. Togliere, quindi, gli alimenti non tollerati per applicarli in una dieta che sia ipocalorica, di associazioni alimentari o combinata, a seconda di quella che il professionista è abituato a indicare, ravviva gli effetti della dieta e fa ottenere risultati migliori.

Lei pone la questione dell’educazione alla salute alimentare. Avete brevettato anche un kit per le allergie alimentari, come funziona?

Il kit non viene venduto direttamente al paziente, ma a laboratori, medici o nutrizionisti abilitati all’esecuzione del test. Noi insegniamo a leggere al microscopio e ad applicare i risultati alla dieta. Inoltre, facciamo formazione sia di nutrizione che di lettura al microscopio.

Qual è l’età media delle persone che si rivolgono a voi?

Non c’è un’età specifica, perché le intolleranze possono verificarsi a qualsiasi età a causa di uno stress, di un’influenza o di un uso smoderato di farmaci.

I bambini piccoli, per esempio, spesso sono affetti da dermatiti, iperattività, specialmente per l’uso sconsiderato di additivi e coloranti, obesità, sovrappeso, mal di testa, persino da disattenzione e scarso apprendimento scolastico condizionati dall’alimentazione. Molti giovani hanno sintomatologie come gastriti, coliti, cefalee, eczemi, disturbi della pelle. Donne in menopausa hanno problemi metabolici, di sovrappeso, ma anche molte malattie reumatiche, come artriti reumatoidi, malattie autoimmuni, che migliorano molto con un’alimentazione corretta, in cui vengono valutate non solo le intolleranze ma, per esempio, anche il livello dei grassi con un profilo che si chiama fat profile. Il fat profile testa gli acidi grassi polinsaturi, i radicali liberi, l’età biologica e valuta, insieme ad altri parametri del sangue, le allergie sporadiche che possono intervenire anche in età avanzata.

Chi viene qui fa il test e poi una dieta su misura. Ma come si conclude la procedura?

La dieta viene mantenuta per un certo periodo e poi viene eseguito un test di controllo.

Il seguito dipende sempre dalla drasticità della dieta. In genere, dopo un mese e mezzo, due, richiamiamo la persona per verificare se e quando reintrodurre gli alimenti eliminati al momento del test, in modo che, pian piano, possano tornare a fare parte della normale alimentazione, anche se in misura non eccessiva.