IL VERO MADE IN ITALY

Qualifiche dell'autore: 
presidente di Metalsider, MD Microdetectors, Synapto e Cistelaier

Chi sono, che cosa faccio e, soprattutto, che cosa vorrei fare? È una bella domanda. Come imprenditore, sono un sopravvissuto che ha iniziato a ventidue anni, nel 1961, quando bastava fare per riuscire e il mercato c’era per tutti.

Quindi, la mia è una storia che accomuna tanta gente che ha intrapreso, non importa a quale livello e in quale settore. E quelle che abbiamo sentito in questo convegno sono tutte storie di successo, che però, se hanno avuto questa fortuna, in modo inversamente proporzionale, oggi si confrontano con l’impegno di capire che cosa fare per protrarla in un contesto e in un quadro di riferimento terribilmente cambiati.

Oggi occorrono idee veramente originali, insieme alla capacità d’implementarle e di portarle a risultato. Bisogna innovare, fare ricerca per vendere il made in Italy tenendo conto che non tutti i prodotti possono beneficiare di questo titolo.

Quando dico di essere un sopravvissuto, mi riferisco in particolare a un settore come quello siderurgico, che ha vissuto con grande anticipo, a livello mondiale, e ancora prima europeo, la globalizzazione, ha vissuto una storia che oggi pare all’ordine del giorno in tanti altri settori. Ma noi dobbiamo pensare all’avvenire, perché le partite che abbiamo potuto giocare in quegli anni difficilmente potranno ripetersi.

Oggi, quello dell’imprenditore è per definizione un mestiere più difficile di una volta, da un certo punto di vista. Da un altro, forse, è più semplice, ma ci chiediamo come possa un imprenditore conservare quella passione, quell’entusiasmo, quel coraggio, quelle virtù e quell’incoscienza che gli sono serviti per creare un’impresa, in un momento estremamente cambiato e che cambierà a una velocità notevole, con o senza la Cina e l’India. Con o senza la Cina e l’India? È con questi paesi in particolare e, direi, con il mondo intero che occorre confrontarsi, dotandosi di tutti i mezzi e, non ultimo, della mentalità necessaria a vivere la concorrenza senza invocare privilegi e rifuggendo dal protezionismo. Sempre di più l’imprenditore dovrà mettersi in gioco e confrontarsi con i propri competitori che in molti casi nel proprio paese beneficiano di condizioni politiche molto più favorevoli.

Quel che è certo è che la passione non basta più. Occorre anche essere conseguenti e cercare di capire che le nostre aziende hanno un patrimonio che, se valorizzato, può contribuire a farle vivere la globalizzazione.

Sono andato di recente in Cina: se dico che è un’opportunità non dico nulla di originale. Occorre che il nostro comprensorio si dia da fare mettendo a fattor comune le nostre esperienze per essere presenti e provocare partnership di cui in Cina hanno tanto bisogno. I cinesi si occupano e si preoccupano di capire quali saranno anche per loro le prospettive del mercato globale. Ripeto, hanno bisogno e ci richiedono un contributo imprenditoriale fatto di cultura e di esperienza. Questo forse è il nostro vero made in Italy.