PITTURA E SCRITTURA FRA ORIENTE E OCCIDENTE

Qualifiche dell'autore: 
scrittrice, giornalista del "Nouvelles d'Europe", Parigi, già docente all'Università di Pechino

Da vari anni, Shen Dali e io siamo lieti di collaborare ai volumi della collana “L’arca. Pittura e scrittura” (Spirali). Abbiamo pubblicato Marc Chagall e Antonio Vangelli (2001), Henri Matisse e Alfonso Frasnedi (2001), Auguste Renoir e Grigorij Zejtlin (2005) e, quest’anno, Andrej Rublëv e Ferdinando Ambrosino. Il termine arca cade a pennello, in Cina abbiamo un modo di dire: “Nella stessa barca si condividono gioie e dolori”, e penso che questo non sia estraneo ai motivi per cui Armando Verdiglione ha scelto questo titolo per la collana. La nostra umanità è composta da una pluralità di nazioni con gente che non si rassomiglia, ma che vuole conoscersi e comprendersi. Per questo abbiamo deciso di collaborare con grande gioia e con molto piacere, ma anche con qualche difficoltà, perché in questa collana si confrontano culture molto differenti. Noi cinesi, sopra tutto rispetto alla pittura, abbiamo le nostre idee. Potete immaginare la fatica che abbiamo fatto per lanciarci nell’esplorazione dell’opera di un artista occidentale come Ambrosino.

Il primo impatto con la sua opera non è stato un confronto, ma uno shock, e la stessa cosa è avvenuta con l’opera di Antonio Vangelli. Per noi cinesi, abituati ai nostri criteri estetici, poetici e letterari, la prima grande differenza che notiamo è lo spazio. In occidente, gli artisti riempiono tutti gli spazi del quadro, non lasciano nemmeno un angolino senza colore. Mentre, se guardate un’opera di pittura cinese, per esempio, un’opera con montagne e fiumi, l’ottanta, novanta per cento dello spazio è vuoto. Un quadro occidentale, tutto pieno di rosso, blu, bianco, non lascia respirare chi lo guarda, cosa che invece accade davanti a un quadro cinese, con tutto il suo spazio vuoto. I cinesi seguono il taoismo, il quale dice che il vuoto è il pieno. Già in questo interviene una difficoltà di comprensione fra un occidentale e un orientale. Uno scultore cinese che produceva vasi disse un giorno: “Per lungo tempo ho cercato di dare alle mie opere un’anima. Che cosa fa sì che un vaso sia un vaso? Perché e quando è fatto bene? Ho trovato la risposta nel taoismo, perché Lao Zi, il fondatore del taoismo, diceva che è nel vuoto che si trova l’anima. Un vaso è un bel vaso perché c’è il vuoto e il vuoto è pieno”.

Allora, mi sono chiesta che rapporto ci fosse tra la pittura orientale e quella occidentale. Ci sono molte differenze. Ma io oggi cerco di guardare un quadro occidentale con il mio sguardo orientale. Io non sono come chi dice: “Tutto ciò che mi appartiene è buono e tutto ciò che non mi appartiene è cattivo”. Credo che nella differenza si trovi l’armonia. Quindi, noi abbiamo scritto con sguardo orientale. Adesso spetta a voi verificare se vi piace o no. Quello che cerco nei quadri di Vangelli, di Ambrosino e di Frasnedi non è una rassomiglianza formale, ma una rassomiglianza spirituale, perché ogni nazione ha i suoi atteggiamenti, i costumi che le appartengono. Ambrosino è di Cuma e ha dipinto un’opera che s’intitola appunto Alba a Cuma. La trovo molto bella, ma la mia prima reazione, una reazione cinese, mi ha fatto chiedere: ma perché quest’opera astratta concernerebbe l’alba?

Oggi capisco che si tratta di oltrepassare l’apparenza formale per giungere a intendere. I cinesi amano molto l’alba e hanno l’abitudine di salire su montagne altissime per assistere all’alba, perché credono che più in alto si vada e più ci si possa purificare e si possa trovare lo spirito.

Quest’opera ha moltissimi colori, composti in modo molto ingegnoso, perciò davanti a essa ho sentito un’emozione. Ecco che cosa lega occidentali e orientali. Ambrosino ha cercato di dare una vertigine. L’autore del romanzo Pêcheur d’Islande, Pierre Loti, ha scritto: “Ciò che cercano i danzatori è la vertigine favorevole al volo nelle regioni dove sta il dio inaccessibile”. Ambrosino cerca di produrre questo genere di meraviglia nella felicità. Nell’opera Alba a Cuma, Ambrosino è riuscito a dare la vertigine agli spettatori. Per tingere il suo disegno con i colori diluiti è ricorso alla tecnica del disegno a inchiostro sfumato e ha ottenuto un effetto impressionante, un tourbillon di nuvole multicolori che annuncia l’aurora.

A proposito dell’opera intitolata Amanti, abbiamo chiesto a Ambrosino se quella donna e quell’uomo che si vedono nell’opera si vogliono bene, se sono innamorati l’una dell’altro per avere questo atteggiamento. Non voglio dire che i cinesi non amino l’amore, ma presentare l’amore in questo modo non è certo una nostra abitudine. Per di più Ambrosino ha risposto che non è neanche detto che siano innamorati: “Sono amanti, fanno l’amore, questo è l’amore”. È un po’ difficile da capire per noi, non dico che i cinesi non facciano bestialità anch’essi, ma per noi questa è copulazione selvaggia. Tuttavia, ho cercato però di capire come potesse sorgere questa nozione di amore per un occidentale. Allora, mi sono detta: “Che cos’è la vita? La vita viene da un uomo e una donna, nasce dall’incontro tra un uomo e una donna, l’idea di Ambrosino è questa. Shen Dali e io abbiamo riso e ci siamo chiesti se dovessimo scegliere o scartare questo quadro. Alla fine, l’abbiamo scelto, anche per mostrare la differenza tra oriente e occidente. Penso che il nostro compito sia quello di gettare un ponte tra due civiltà. Proprio perché ho imparato la lingua francese ho potuto spiegare alcune cose degli occidentali agli orientali e viceversa. E anche per questo, nei libri della collana “L’arca. Pittura e scrittura”, abbiamo messo, accanto al testo che riguarda ciascuna opera, strofe di poesie e, in alto, caratteri cinesi. È un po’ il nostro modo di fare una bella opera: per noi cinesi fare una bella opera significa disporre in una composizione un testo scritto con bei caratteri grafici. Nel nostro pensiero estetico la pittura, la poesia e la calligrafia fanno parte di una trinità. Non è quella di Padre, Figlio e Spirito santo, ma è proprio come una trinità, tre cose in uno stesso atto.

Alcune delle opere di cui ci siamo occupati mi hanno veramente emozionato, perché vi ho trovato qualcosa che mi appartiene, sopra tutto in quelle di Alfonso Frasnedi. Amo moltissimo l’opera di Frasnedi intitolata Marina (cfr. pag. 25), perché c’è il vuoto che dà il pieno, sopra tutto grazie al giallo dorato, che dà una forza formidabile, enorme: è il sorgere del sole sul mare. Il mare prima dell’alba è nero poi, a poco a poco, emergono piccoli colori. Questo colore giallo oro, per quanto piccolo, porta con sé una forza come un vulcano e ci s’immagina che stia appunto per esplodere, cosa che è vera perché quando poi il sole sorge è lì e esplode.

Un quadro ha un linguaggio pittorico e nello stesso tempo una scrittura poetica, per questo motivo secondo noi questa collana si chiama “Pittura e scrittura”.

Avrete capito che sono lieta di trasmettere la gioia e il piacere di aver fatto queste opere, comprese le discussioni con Shen Dali: a volte io non ero d’accordo con lui e altre lui non era d’accordo con me. Ma, nella differenza e nella diversità, si trova l’armonia.

Fra la Cina e l’Italia le relazioni culturali hanno radici antiche. Il 2006 è l’anno culturale dell’Italia in Cina.

Nelle nostre due maggiori città, Pechino al nord e Shangai al sud, dove sono nata, e così nella città meridionale di Canton, ci sono grandi esposizioni. Tutti i cinesi conoscono ovviamente Marco Polo, ma non solo. Recentemente, la televisione cinese ha proiettato un film in ventiquattro episodi sulla vita di Castiglione, pittore italiano di origine milanese, che tutti i cinesi conoscono.

Oltre a Castiglione, c’è un altro italiano molto famoso: Matteo Ricci, scienziato, che fece conoscere il binocolo a un principe cinese.  I missionari gesuiti non hanno ridicolizzato i cinesi perché non capivano le loro tradizioni e la loro lingua, ma hanno pensato di dovere diventare a loro volta cinesi, imparare le tradizioni, la vita e la lingua per poi comunicare con loro. E questi missionari sono stati pionieri. Oggi, si sta cercando di proseguire le relazioni tra la Cina e l’Italia, che si rinnovano in modo molto intenso. E noi, Shen Dali e io, che abbiamo la chance di trovarci fra queste civiltà, abbiamo la missione di fare incontrare la gente.