Anna Spadafora

  • Medicina e humanitas. Aritmetica e cifratica della vita è il titolo del congresso internazionale che si terrà nei giorni 28, 29 e 30 novembre 2003 alla Villa San Carlo Borromeo di Senago (Milano), con l’intervento di medici, scienziati, psicanalisti, filosofi, poeti, scrittori e ricercatori di varie città del pianeta. 

  • Oggi si celebrano i trent’anni delle attività del gruppo editoriale da cui è sorta Spirali (si veda il sito www.spirali.com) e mai come ora constatiamo l’esistenza di dispositivi di cultura e di arte, dispositivi delle cose che, dicendosi, facendosi e scrivendosi, giungono alla riuscita e all’edizione. Inventare con ciascuno dispositivi che si rivolgono alla qualità è la scommessa di chi sempre più, nell’impresa, nella famiglia, nella scuola, non si pone alternative, ma la fede assoluta nella riuscita. Perché la salute, come istanza della qualità, poggia sulla riuscita, non viceversa.

  • L’ultima volta che Arianna era approdata su quel minuscolo pianeta che i suoi abitanti chiamano terra era capitata nella casa di due giovani sposati da poco: alto e magro, lui aveva il viso attraente di un attore del cinema, come si diceva in quegli anni in cui il grande schermo aveva fatto la sua prima comparsa anche nei paesini più sperduti d’Italia. Anche lei molto bella, aveva però gli occhi troppo verdi, un mare immenso in cui persino un alieno poteva sentire il brivido degli abissi più sconfinati.

  • La città come civitas esiste soltanto in seguito all’instaurazione dell’Altro, mentre la città come polis, come comunità fondata sulla politica del luogo comune, da Platone e Aristotele fino a oggi, si è risolta in un ideale di partecipazione al governo sulla città, in cui la città diviene di tutti, di pochi, di molti, ma mai dell’Altro. Tutt’al più, la politica del luogo comune ha economizzato l’Altro, socializzandolo nella dicotomia amico/nemico, universo/diverso, sano/malato. Anche in questi giorni, non è raro che politici di varie provenienze appoggino l’impresa

  • La parola è originaria, con la sua difficoltà e la sua semplicità. La parola è originaria, quindi, non c’è chi possa padroneggiarla. La parola facile non esiste, non è mai esistita, né mai esisterà. Chi non parla oggi, chi accetta un compromesso oggi, in vista di un posto garantito da cui parlare sia facile domani, si fa suddito, soggetto della mortificazione, della pena come minimo comune ultimo male necessario.

  • Le donne non sono un insieme e, in quanto tali, non esistono. Sarebbero il segno della differenza sessuale, poiché sarebbero tenute, da una parte, a compiere l’economia del sangue, per la riproduzione, come voleva Aristotele, e, dall’altra, a incarnare il negativo come altra faccia del positivo, da sempre attribuito agli uomini nel discorso occidentale.

  • Considerate come l’Inferno e il Paradiso, il regno della dannazione e quello della salvezza, la globalizzazione e l’antiglobalizzazione sono due facce della stessa medaglia. Da una parte, chi predica i vantaggi di “fare come se il mondo fosse un posto solo”, dall’altra, chi predice la fine certa e ravvicinata di questo stesso mondo. Per entrambi, però, le dissolte ideologie del ventesimo secolo sono state presto rimpiazzate da più o meno solide visioni del mondo. Allora ecco che, per chi procede dalla visione, che tutto unifica e massifica, anziché dall’ascolto, che s’instaura con la

  • In che modo s’incontrano medicina e arte? E fino a che punto la medicina è un’arte e non qualcosa che debba contrastare l’arte, ritenendola non controllabile secondo i parametri del discorso scientifico? E qui occorre aprire una parentesi sulla distinzione fra scienza e discorso scientifico. Come c’insegna Leonardo da Vinci, infatti, non è la scienza a opporsi all’arte, anzi l’arte non può fare a meno della scienza (come scrive nel Libro della pittura, è essenziale per i pittori lo studio dell’anatomia “di nervi, ossa muscoli e lacerti, per sapere nelli diversi movimenti e forze

  • Quali saranno gli scenari macroeconomici del post Covid-19? “Per l’Italia vorrà dire 5 o 6 punti in meno del Pil e altrettanti per l’economia dei paesi del Mediterraneo. Ci sarà un’ondata di disoccupazione tremenda, ci sarà una crisi peggiore di quella del 1929. Si dovrà ricominciare tutto da capo, se no il futuro è la miseria per tutti noi”. Sono le parole dell’economista Giulio Sapelli, in un’intervista rilasciata in seguito alle dichiarazioni della neo eletta presidente della Bce, Christine Lagarde (“Panorama”, 13 marzo 2020), che per l’economista deve ritenersi

  • Nell’ora del coronavirus, gli italiani devono avere paura? La paura della morte deve prendere il sopravvento sulle loro vite fino a distruggere il patrimonio di ricerca e d’impresa costituito in settant’anni di repubblica?

    Gli italiani non devono avere paura della morte, ma della miseria, della povertà, della stupidità e dell’invidia, che alimentano guerre, malattie e devastazioni nella vita di uomini e donne impegnati a compiere uno sforzo costante per dare un contributo alla civiltà della parola, perché la legge della giungla sia lasciata ai suoi