Prima
che nei comuni italiani, e in particolare a Venezia, fosse inventato il
capitalismo, era convinzione diffusa che i beni esistenti in natura fossero
finiti, come quelli immobiliari, che costituivano la ricchezza complessiva di
una comunità, cosicché i singoli ne erano già proprietari “per censo o eredità”
o li sottraevano agli altri; inoltre, ciascun bene aveva un determinato valore
corrispondente a un determinato giusto prezzo, cosicché qualsiasi aumento
ingiustificato comportava un approfittarsi (nell’accezione negativa del
termine) dell’ignoranza o del bisogno