Francesco Rampichini

  • L’esigenza di rappresentare, di metaforizzare attraverso un linguaggio differente una situazione, un vissuto o un’impressione è sempre esistita. In musica è quel che è chiamato “a programma”. Nelle Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi, per esempio, c’è il progetto di rappresentare, di evocare una certa situazione paesaggistica. Nel caso dell’acusmetria, l’intenzione non è più quella di rimandare a una dimensione sensoriale complessa in cui l’uomo è il soggetto che percepisce un ambiente articolato – alberi, fiumi, uccelli, mare e così via – ma, come nei casi descritti da Marco

  • Quando anni fa ho incontrato Ettore Lariani e Marco Maiocchi, sono rimasto abbastanza sconcertato per la facilità con cui condividevano alcune mie necessità e posizioni rispetto a problemi connessi per me a urgenze di tipo espressivo prima e linguistico poi, legate non soltanto alla musica. Una di queste urgenze – non entrerò nei dettagli tecnici – era proprio l’osservazione che ci fosse il bisogno di stringere, in modo più serrato, un’alleanza tra percezione del linguaggio musicale – e non solo – e immaginazione, nello sforzo di cogliere il reale.