Psicanalisi

  • Nel libro Il virus totalitario. Guida per riconoscere un nemico sempre in agguato (Rubbettino), Dario Fertilio offre una lettura del virus totalitario, procedendo da un’analisi delle ideologie e delle fantasmatiche dei totalitarismi. Questo libro è diviso in quattro parti: la natura del virus, la teoria del virus, il virus in azione e la parabola del virus. L’autore nota come la natura virale del totalitarismo intervenga già nei suoi prodromi, favorendo quelle complicità che ne stabilizzano l’egemonia.

  • Giovanni Angioli ha scritto un libro di grande rilievo: La chiave comune. Esperienze di lavoro presso l’Ospedale psichiatrico Luigi Lolli di Imola (La Mandragola). Lo ringraziamo per essere venuto a discuterne nella nostra libreria. Si tratta di un libro testimonianza, che narra una vicenda umana e professionale straordinaria, dipanatasi lungo gli ultimi decenni del novecento, svolta sia come missione sia come reinvenzione di un lavoro difficile e di grande responsabilità.
    Giorgio Antonucci, accanto a Angioli, protagonista assoluto di questa vicenda e purtroppo

  • Il libro di Giovanni Angioli è importante non soltanto perché raccoglie gli elementi principali della sua vita, ma anche perché è un racconto, un’autobiografia, una testimonianza del suo lavoro, attraverso cui offre spunti, riflessioni e un metodo a chi si avvicina alle istituzioni totali, di cui c’è ancora molto da dire, nonostante la nostra democrazia.
    Uno dei problemi principali in questo ambito rimane il ricovero coatto, che avviene attraverso il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio).
    Parliamo di persone che vengono prelevate con la forza, portate via dalla loro famiglia,

  • Le nuove generazioni, giovani e professionisti, sono sempre più frammentate, come le società al giorno d’oggi. Gli interventi di questa sera mi hanno molto colpito, perché hanno fatto riferimento ad alcuni criteri sempre più utilizzati nella scuola. In Italia, la scolarizzazione è più accentuata e articolata rispetto alle generazioni precedenti, ma abbiamo introdotto nuove categorie, come quella dei BES (Bisogni Educativi Speciali), che spaventano i ragazzi e le loro famiglie.

  • Una mia amica un giorno, a Imola, mi portò all’Osservanza, una delle due istituzioni psichiatriche della città, dove conobbi Giorgio Antonucci, con cui diventammo subito molto amici. Ben presto cominciammo a frequentarci anche con altri, tra i quali artisti che venivano volentieri all’Osservanza: musicisti, artisti, gruppi musicali. Parlando, coniammo la definizione di artista come “professionista del delirio”.

  • Ho scritto questo libro in 40-50 giorni, ma avrei avuto molte più storie da raccontare. Ringrazio Giorgio Antonucci, purtroppo scomparso recentemente, quando ha detto che senza il mio aiuto lui sarebbe stato nulla. Anch’io sarei stato nulla senza avere avuto la mia squadra, una squadra che ha difeso molto il nostro lavoro, che non è mai stato facile, e quello che siamo riusciti a fare.
    In un istituto psichiatrico, com’è sempre accaduto e come accade ancora, situazioni di forte disagio non possono essere affrontate con soluzioni standard, come avviene solitamente con le malattie

  • Le legislazioni permeate dall’ideologia illuministico-romantica sostengono il principio di uguaglianza per “gli uomini”, che “nascono e rimangono liberi e uguali”, secondo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, o per “tutti i cittadini”, che “sono uguali davanti alla legge”, secondo la Costituzione italiana del 1947. Nel primo caso questa uguaglianza sociale dipende dalla nascita, nel secondo dalla legge, davanti a cui i cittadini diventano tutti e, in quanto tutti, sono uguali. La legge così doppia la natura, è la nuova nascita: l’homo

  • L’etimo di realtà, il latino realitas, ci riporta a res, cosa. La cosa pubblica a Roma. La cosa in sé di Kant. L’esser-cosa della cosa di Heidegger. La cosa freudiana di Lacan. La cosa è l’essere? La cosa è il linguaggio o è nel linguaggio, dimora dell’essere? In Duns Scoto la realitas non era la realtà esteriore, era l’esse in re della cosa: già nel XIII secolo il Doctor Subtilis indicava che la realtà vincola la cosa all’essere, all’ontologia, non a quel che appare. Confermava così il discorso occidentale, secondo cui, fin da Aristotele (“Non tutto

  • “Gli antichi sovrani si comportavano nei confronti dei sudditi esattamente come il potere coloniale. Dal momento in cui conquista un paese straniero, il colonizzatore incomincia a svalutare la lingua locale affinché gli indigeni svalutino se stessi e si astengano dal pensare a una libertà che non meritano e che non si addice loro”.

  • Lo storytelling del politicamente corretto inneggia all’importanza dell’utile: fioccano gli inviti a fare qualcosa di utile, per se stessi e gli altri, o a rendersi utile, collaborando per il bene comune. I più audaci invitano a mirare all’utile, purché, beninteso, non contrasti con l’etica sociale e non sia confuso con il profitto, cui viene quasi sempre attribuito l’aggettivo “ingiusto”, soprattutto se si tratta di utili d’impresa. L’importante è che non ci sia qualcosa di inutile o di inutilizzabile: le campagne contro lo spreco, così in voga, esigono che le cose siano utili,