Psicanalisi

  • “Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo” (Ippocrate). La considerazione che il cibo è decisivo per la salute, indicata dalla medicina ionica di Alcmeone e ancor prima dall’ayurveda indiana, era stata colta anche da Ippocrate. Ma il medico greco l’ha moralizzata con l’invito a nutrirsi di medicina (“che la medicina sia il tuo cibo”), dunque a sottoporsi alla medicina come necessità di vita. Da allora, se la medicina è il cibo, essa diviene il modello del cibo, si pone come il cibo perfetto, il cibo sano, cui ogni nutrimento, magari buono ma non sempre salutare, deve

  • Nella mia pratica clinica, noto che la rappresentazione del disagio s’instaura sempre più spesso, soprattutto nei giovani, a partire dalla credenza nell’assenza, nella mancanza o nell’insufficienza di piacere. Per intendere quanto il piacere in occidente sia stato demonizzato nel corso dei secoli, basta leggere Il martello delle streghe, scritto alla fine del Quattrocento dai domenicani Heinric Institor Kramer e Jacob Sprenger per rendere operativa una bolla di Papa Innocenzo VIII, intitolata, non a caso, Summis desiderantes.

  • Ognuno ci spera, ci pensa, ci prova. Ognuno ci crede, ce la mette tutta, s’impegna, anche oltre le proprie possibilità. Fa tutto per bene, fa tutto per il bene, proprio e degli altri. Ognuno sa cosa è bene fare, e persegue la riuscita, dando il meglio di sé. E si pensa, si conosce, conosce i suoi limiti e le sue possibilità, sa fin dove può arrivare. È bravo, fa bene, peccato che non sia riuscito, ma ce l’ha messa tutta, fino all’ultimo. All’ultimo, comunque, tutto si risolverà. Ognuno crede nell’ultimo, nell’ultimo sforzo, nell’ultimo minuto, nell’ultima battaglia. L’importante è che le

  • Qualche tempo fa ho intervistato per una emittente radiofonica uno tra i più interessanti intellettuali italiani, Francesco Saba Sardi, che mi ha sorpreso quando ha avvertito che non sarebbe stato al gioco della domanda e della risposta con cui spesso il giornalista tenta di trasformare l’autore nel personaggio che crede di conoscere già. È stata una tra le interviste più interessanti che mi sia capitato di fare. L’interlocutore era divenuto d’un tratto ignoto: in questo modo ho potuto incontrare lo scrittore, non il personaggio. 

  • Nella primavera del 1938 il poeta Osip Mandel’stam chiede di essere ricevuto da Vladimir Stavskij, segretario generale dell’Unione degli Scrittori Sovietici, per sollecitare un sostegno intellettuale al suo lavoro letterario, nonché un aiuto economico per lui e per la sua famiglia. Al termine di un colloquio fra i due, apparentemente cordiale, Stavskij redige una lettera in cui denuncia Mandel’stam al Commissario del Popolo, celebre istituzione delle purghe staliniane. Le conseguenze della denuncia si tradurranno in una condanna a trentaquattro anni di lavori forzati in Siberia. Mandel’

  • Quando si parla del marchio, come nel libro di Ferdinando Cionti Made in Italy (Spirali), che offre lo spunto per il dibattito di questo numero, sembra che si tratti di un problema soltanto per le aziende o le Camere di commercio. Eppure, già Naomi Klein, con il suo best-seller mondiale, No logo, aveva evidenziato che la questione del marchio ha implicazioni economiche, finanziarie, politiche e culturali che, nell’era della globalizzazione, investono l’intero pianeta con importanti conseguenze per ciascuno. 

    Perché c’è indifferenza, se non timore, attorno al

  • "Leonardo da Vinci è l’Europa”, nota Armando Verdiglione, nel suo libro Niccolò Machiavelli (Spirali), “disegna, narra e scrive la carta intellettuale d’Europa, la sua galleria, la sua tipografia, la sua cifratica. Corollario di Leonardo, Machiavelli è l’Italia, la sua scrittura, la sua qualità. Egli disegna, narra e scrive la carta intellettuale d’Italia”. Ebbene, chi scrive oggi la carta intellettuale d’Italia? E come scriverla? Questo dobbiamo chiederci, oltre che promuovere il made in Italy in tutto il mondo e considerarlo uno strumento per ottenere risultati impareggiabili

  • Come la restituzione contribuisce alla valorizzazione? Secondo l’idea che gli obblighi sociali costituiscano la base della civiltà, la restituzione, per esempio di un dono, risulta essenziale per istituire i rapporti sociali nell’idea di parità. Si tratterebbe di restituire per ricambiare, per contraccambiare, per avviare un ordine sociale come ordine simbolico: secondo l’antropologia, con il dono non si costituirebbe il valore della cosa, bensì il valore del rapporto come base della società. Per questo il dono potrebbe anche essere inutile, proprio per marcare il suo

  • Alcuni relatori dell’incontro In materia di restauro, di cui qui pubblichiamo gli interventi, hanno discusso il libro precedente di Roberto Cecchi I beni culturali. Testimonianza materiale di civiltà (Spirali), il 13 luglio 2007, in questa stessa bellissima sala con le opere del Guercino. Da quel primo libro è sorto un nuovo modo d’intendere il restauro, che ha avviato un dibattito in varie città d’Italia: oltre a Modena, Firenze, Venezia, Milano, Roma, Napoli, e molte altre. Niccolò Machiavelli diceva: “Di cosa nasce cosa, e il tempo la governa”. È proprio ciò

  • Tra le sue varie definizioni, il novecento potrebbe annoverare anche questa: è il secolo delle riviste e dei manifesti culturali e artistici. Dalla “Voce” alla “Lacerba”, da “Critica sociale” a “Nuovi argomenti” fino a “Aut aut”, attorno alle riviste sorgevano movimenti, collettivi e correnti che, pur mantenendo alcuni compromessi con le ideologie, lanciavano idee, messaggi, proposte. Ma ora, con il venir meno delle utopie ideologiche e delle avanguardie culturali, dopo la fine del secolo, anche il tempo delle riviste, e con esso il tempo dei dibattiti e della ricerca