Made in Italy

  • Anche se oggi incominciamo a raccogliere i primi frutti di un processo di valorizzazione del made in Italy nel mondo – soprattutto nei settori alimentare, abbigliamento e arredamento –, siamo ancora lontani da una politica industriale che identifichi il made in Italy nella combinazione fra estetica e tecnologia “personalizzata”, tipica delle nostre PMI, a cui faceva riferimento lei nel numero precedente di questo giornale, ricordando che la SIR è riuscita a inventare nella meccatronica una “standardizzazione della personalizzazione”. Quali sono le iniziative che le istituzioni

  • Com’è emerso nel convegno I distretti del made in Italy nell’era della globalizzazione (tenutosi il 19 settembre nella sede di Confindustria Ceramica, con l’intervento di Alberto Piantoni, project manager del bando Industria 2015 del Ministero dello Sviluppo Economico, sul tema Innovazione industriale per le nuove tecnologie del made in Italy), il made in Italy non ha soltanto un contenuto distintivo di estetica, ma anche di tecnologia, d’innovazione e, non ultima, di responsabilità sociale d’impresa. Quali sono le novità intervenute di recente in proposito anche

  • Quando si parla del marchio, come nel libro di Ferdinando Cionti Made in Italy (Spirali), che offre lo spunto per il dibattito di questo numero, sembra che si tratti di un problema soltanto per le aziende o le Camere di commercio. Eppure, già Naomi Klein, con il suo best-seller mondiale, No logo, aveva evidenziato che la questione del marchio ha implicazioni economiche, finanziarie, politiche e culturali che, nell’era della globalizzazione, investono l’intero pianeta con importanti conseguenze per ciascuno. 

    Perché c’è indifferenza, se non timore, attorno al

  • "Non dei pertanto sperare in alcuna cosa, fuora che nella tua industria”. Con queste parole, nel 1300, il condottiero Castruccio Castracani degli Antelminelli, ormai anziano, si congedava dal giovane allievo Paolo Guinigi. Questo testo giunge a noi con la biografia di Castruccio Castracani che Niccolò Machiavelli scrisse nel 1520, ispirato dalle opere del capitano virtuoso che fu “in ogni fortuna principe”. Con Niccolò Machiavelli, entra in scena un nuovo principe, ben lontano dall’ideologia sostanzialista feudale, ricattata dal possesso delle cose, e s’aprono nuove città con infinite

  • Nonostante il marchio, in quanto argomento di natura tecnico-giuridica, possa sembrare piuttosto noioso, il libro di Naomi Klein, No logo – dove troviamo un’obiezione radicale al marchio –, gli ha fatto assumere una popolarità e un valore tali da suscitare molto interesse, soprattutto per le sue implicazioni con la globalizzazione. Si può essere favorevoli o meno, ma non si può prescindere dal marchio, che è uno degli strumenti fondamentali della globalizzazione, ed è anche appassionante capire come una semplice parola possa assumere sia un valore economico enorme sia un’

  • Non stupitevi se incomincerò con un esempio molto semplice, che prende spunto dalla celebrazione del centenario di Darwin. È risaputo che Darwin sviluppò la sua idea dell’evoluzione naturale tenendo molto conto, fra l’altro, dell’evoluzione artificiale. Questo tipo di evoluzione è stata applicata dagli allevatori sin dai tempi antichi quando, per la necessità di avere mucche che producessero molto latte, facevano riprodurre un animale con questa caratteristica. Di fatto, si trattava di una selezione sessuale per la sopravvivenza del latte, non per quella delle mucche.

  • "Leonardo da Vinci è l’Europa”, nota Armando Verdiglione, nel suo libro Niccolò Machiavelli (Spirali), “disegna, narra e scrive la carta intellettuale d’Europa, la sua galleria, la sua tipografia, la sua cifratica. Corollario di Leonardo, Machiavelli è l’Italia, la sua scrittura, la sua qualità. Egli disegna, narra e scrive la carta intellettuale d’Italia”. Ebbene, chi scrive oggi la carta intellettuale d’Italia? E come scriverla? Questo dobbiamo chiederci, oltre che promuovere il made in Italy in tutto il mondo e considerarlo uno strumento per ottenere risultati impareggiabili

  • Shen Dali

    Lei è poeta cinese, ma conosce anche la poesia europea e, in particolare, quella italiana. Qual è, a suo parere, la differenza tra i due modi d’intendere la poesia?

    Nella poesia cinese classica sono molto importanti il ritmo e la rima, due aspetti a cui noi cinesi siamo molto sensibili. Senza ritmo e senza rima, per noi, non c’è poesia. A noi cinesi interessa la musicalità, invece, in Occidente, soprattutto da qualche decennio, trionfano i versi liberi.

    Lei è celebre per avere scritto vari saggi tradotti in più lingue intorno alla pittura europea e, specificatamente,

  • La cultura imprenditoriale del nostro paese differisce notevolmente, da un punto di vista filosofico e organizzativo, da quella delle nazioni concorrenti: tale diversità si traduce a livello pratico nella realizzazione di prodotti altamente identificabili e in un approccio progettuale a prima vista poco sistematico, ma in realtà estremamente creativo. Questa cultura è alla base del made in Italy, che a nostro avviso non deve essere declassato a banale caratteristica geografica: esso può essere meglio definito come la trasposizione, all’interno della produzione industriale, dei noti

  • Le associazioni di categoria intervengono nello sviluppo del marchio collettivo geografico, che, diversamente dal marchio d’impresa, ha due funzioni: indicare il territorio di provenienza e garantire il consumatore riguardo all’origine. Il Codice della proprietà industriale prevede forme di garanzia nei confronti dell’utilizzatore, stabilendo condizioni paritetiche di utilizzo per coloro che intendono disporre di un marchio collettivo geografico. Un regolamento generale definisce le regole per la gestione e il rilascio della concessione d’uso. Occorre distinguere la differente finalità tra